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venerdì 5 aprile 2019

Rubata e sparita nel nulla!

di Floriana Ferrante.
Portata via dall' oratorio di San Lorenzo, nel cuore storico di Palermo nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 e a distanza di 50 anni l'intera vicenda rimane avvolta dal mistero.
Una storia che suscita ancora scalpore e tanti punti interrogativi, che hanno fatto si che nascessero molte leggende riguardanti il furto. Molti dicono che l'opera sia stata mandata in Svizzera, qualcuno dice che il lavoro fu rubato dalla mafia corleonese per poi divenire, anni dopo, l' oggetto di un tentato scambio della mafia in cambio dell' alleggerimento del 41 bis, il regime di carcere duro per i mafiosi. Qualcun' altro, invece, sostiene che venne seppellito in qualche forziere che apparteneva al boss mafioso Gerlando Alberti; ma c'è anche chi lo dava per distrutto conservato maldestramente in qualche magazzino, destinato per la vendita al mercato nero. Con molta probabilità invece, il Caravaggio perduto potrebbe esistere ancora, conseravto in qualche caveau di una banca estera. Secondo la commissione antimafia guidata dal presidente Rosi Bindi, il capolavoro si trova da allora fuori dal nostro Paese, ma potrebbe essere anche giunto in zone anche al di fuori dell'Europa. Ciò potrebbe desumersi dalla scomposizione dell' opera in più parti, effettuata per mimetizzare la sua provenienza furtiva. Nel documento la commissione parlamentare antimafia spiega che sono stati individuati sia gli esecutori materiali sia coloro che hanno gestito le fasi successive della custodia e del trasporto dell' opera, e della successiva vendita. Dalle indagini è emerso che è stato senza dubbio un "furto di mafia".
Rilevanti sarebbero stati alcune dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, onvergenti dichiarazioni rese alla Commissione dai collaboratori di giustizia Gaetano Grado e Francesco Marino Mannoia che hanno chiarito che il furto maturò nell’ambiente di piccoli criminali, ma che l’importanza del quadro, e il suo enorme valore, indussero i massimi vertici di Cosa nostra a interessarsi immediatamente della rivendicando l’opera. La Natività secondo quanto dichiarato dopo alcuni rapidi passaggi di mano,sarebbe giunta prima a Stefano Bontade come capo del mandamento “competente” per il furto e poi a Gaetano Badalamenti, all’epoca a capo dell’intera organizzazione mafiosa.Sull'intera vicenda insieme al alvoro della magistratura si sono mossi i carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Artistisco e lo Sco ( il Servizio Centrale operativo della Polizia).
Accanto alla ricerca spasmodica della verità e del recupero dell'opera , il tema sempre attuale ha spinto un giornalista palermitano a scrivere un libro dal titolo "La tela dei boss" edito da Novatacento e il regista Roberto Andò a realizzare un film "Una storia senza nome" presentato al Festival Internazionale del Cinema di Venezia.

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